Dai racconti di mio padre alle tracce negli archivi: ricucire i fili della memoria familiare

 

Costruire un albero genealogico è come ricomporre un puzzle fatto di volti, storie e emozioni. Per me, è stato molto più di un semplice progetto: è stato un viaggio nella mia identità e un modo per tenere viva la memoria della mia terra e della mia famiglia

È stato, anche, un modo per conoscerli un po’ meglio, questi miei avi, e trascorrere idealmente del tempo insieme a loro.

La curiosità c’è sempre stata, è nata in me sin da bambina, ascoltando le storie di famiglia raccontate dai miei genitori e dai nonni. Per me tutti loro non sono mai state solo persone di cui sentivo parlare nei racconti, li ho sempre sentiti parte di me, pezzi del mio essere, presenti nella mia vita quasi in senso fisico.

Il ramo paterno: radici profonde e tradizioni

Quando percorrevo in bicicletta la “strada vecchia” che da Villa San Cipriano portava ad Amatrice, mi fermavo a osservare le pietre che componevano la casa di nonno Francesco, là dove i miei bisnonni Giuseppe e Dina avevano l’osteria. Salendo verso quello che oggi è il Polo del Gusto, sostavo davanti al grande cancello (per me era grande, ero così piccola) e sbirciavo al di là per vedere quella che era stata la casa degli altri bisnonni, Luigi (Gigetto) e Michelina, di cui papà mi raccontava storie e vicende. Mi sforzavo di immaginare la loro vita lì, mi sembrava quasi di vederli lì presenti, e sognavo che prima o poi qualcuno di loro si voltasse, mi vedesse e mi parlasse. 

Le loro storie sono cresciute con me, prevalentemente grazie ai racconti di papà, che ricorda (incredibilmente) tutto di loro: le date di nascita e di morte, dettagli, frasi esatte da loro pronunciate in alcune occasioni, i loro abiti, le loro movenze, i tratti fisici. 

Papà ricorda anche i nomi dei suoi bisnonni, e persino quelli dei loro genitori, e questo ha aiutato molto la mia ricerca negli archivi. 

C’è sempre un Francesco figlio di un Giuseppe, tra i Moriconi della mia famiglia: questa costanza nel perpetuare i nomi di famiglia ha agevolato le ricerche. Una lunga tradizione che la memoria orale della mia famiglia fa risalire a San Francesco, il poverello di Assisi, figlio di Bernardone de’ Moriconi, a cui è stato dedicato ogni “Francesco” nato nella mia famiglia, compresi mia sorella e mio figlio minore. E quale Santo poteva, tra i tanti, essere il nostro? Un Santo innamorato della natura, che parla con gli animali, come tutti noi.

Per il ramo di mia nonna paterna Emma Esposto, invece, il discorso è molto diverso: come è noto, “Esposto” è un cognome che trae origine da un proietto, solitamente. L’ho trovato, infine, in archivi ottocenteschi e di lui non ho motivo alcuno per non esserne fiera. Perché quando si viene abbandonati da bambini, poi ci vuole un gran coraggio per impostare la propria vita come si deve, e lui, quel Giovanni così lontano da noi, ce l’ha fatta: formò una famiglia, lavorò per tutta la vita e fu in grado di comprarsi una proprietà con terre e animali. Ne vado fiera eccome. 

Comunque, sono arrivata indietro nel tempo fin dove, ad oggi, i documenti mi hanno portato, e naturalmente la ricerca continua. Finora, fatta eccezione per nonna Dina Lovati, che nacque a Salsomaggiore e sposò nonno Peppe, gli altri sono tutti amatriciani. 

Il ramo materno: resilienza e dedizione

Mia madre è figlia di una amatriciana di lungo corso e di un ascolano. Nonna Leonilde è una Scialanga, cognome tipicamente retrosaro. La sua è stata una vita lunga, ma dura. Nonna morì a 98 anni, e di tragedie nella sua vita ne ha viste troppe. Dieci figli, uno perduto durante la gravidanza, un altro ad appena sei anni, un marito paralizzato che curò con infinta dedizione, tanti nipoti e pronipoti, e fu costretta a sopravvivere anche a uno di loro. Una vita difficile, tragica, ci vorrebbe un libro intero solo per lei, per nonna Leonilde…

Nonno Arturo Piccionetti, invece, nacque ad Ascoli, ma è ad Amatrice che donò la sua opera più bella: nonno fu tra quegli eroi che sminarono la diga di Scandarello, minata dai tedeschi in fuga alla fine della seconda guerra mondiale.

Ho conosciuto la nonna, le ho parlato a lungo, è stata con me per molti anni. Lui no, questo nonno-eroe non l’ho mai conosciuto di persona, ma anche lui è sempre vissuto nei ricordi di famiglia, un ricordo ammantato da un profondo rispetto. 

Il processo: come sto costruendo l’albero

La prima e più importante fonte è mio padre Mario. Lui, come dicevo, ricorda tutto e conserva foto di famiglia anche molto antiche, documenti, direi che questa mia ricerca in realtà l’ha iniziata proprio lui molti anni fa, andando a cercare pezzi di storia nostra dentro gli archivi parrocchiali.

Poi ci sono, naturalmente, gli archivi storici (anagrafici, parrocchiali, militari, ecc.), tra cui le informazioni presenti sul portale antenati, che con una buona dose di pazienza e determinazione consentono di esplorare le generazioni passate e dispiegare una buona mole di informazioni. Portale antenati fornisce anche una sorta di vademecum per capire come muoversi all’interno del sito e consigli su come proseguire la ricerca al di fuori di esso. 

Ci sono poi strumenti specifici in rete, che consentono di tenere tutto in ordine e anche di trovare altre informazioni. Io uso MyHeritage, lo trovo molto funzionale e, per iniziare, è gratuito. Quando gli avi diventano parecchi, o quando si ritiene di voler avere strumenti di ricerca più avanzati, è invece richiesto un abbonamento annuale, non eccessivamente oneroso. E, comunque, ne vale la pena.

Iniziare non è mai facile, ma con un po’ di pazienza e gli strumenti giusti, si può costruire un vero tesoro di famiglia.

Una finestra sul passato: le storie emerse. Emma, una tragedia che vive nel mio nome

Vi sono vicende che colpiscono più di altre, quando si sceglie di scavare nel passato della propria famiglia. L’episodio più intenso di questo viaggio nel tempo si chiama “Emma”, come me. 

Il mio nome fu scelto dai miei genitori per rendere omaggio alla mia nonna paterna, Emma Esposto, di Villa San Cipriano. A sua volta, nonna ricevette questo nome in memoria di una sua zia, vittima di un incidente drammatico quando era solo una bambina. Queste informazioni sono cresciute con me, le conoscevo già, dai racconti di papà: quando gli chiedevo perché nella mia scuola elementare solo io mi chiamassi “Emma”, un nome che negli anni Settanta e Ottanta era piuttosto raro tra le bambine, mi diceva che a questo nome dovevo voler bene, perché lo avevo ereditato da una tragedia famigliare che meritava di essere ricordata. 

Emma Esposto, la sorella del mio bisnonno, era nata l’8 settembre 1905 a Casale Piccari, a Villa San Cipriano di Amatrice, ed era morta all’età di soli tre anni il 1 gennaio 1909. Questo riferiscono i documenti d’archivio. Ma per conoscere le cause della morte, ancora una volta ho potuto contare sulla memoria di papà. 

La bambina aveva freddo e stava cercando conforto in un fuoco acceso. I carboni ardenti in cui aveva rifugiato i suoi piedini non ebbero pietà di lei, un tentativo di salvarla fu fatto da nonno Peppe (ancora non c’era un legame familiare tra i Moriconi e gli Esposto, ma il villaggio è piccolo e ci si conosceva tutti), ma fu vano. 

Non è l’unica storia da raccontare, in realtà, ma di certo è quella che sento più vicina a me, non foss’altro per il nome che porto. 

Questa tragedia, tramandata di generazione in generazione, non è solo un dolore per la nostra famiglia, ma un simbolo di quanto fragili e preziose siano le nostre vite. E oggi, ogni volta che sento qualcuno che mi chiama per nome, mi ricordo di mia nonna Emma, e anche di lei, della piccola Emma, della sua innocenza e della forza di chi ha raccontato la sua storia per non farla svanire. In un certo modo, sento il peso e la bellezza tragica di questa memoria. È una responsabilità e un onore, e un modo per tenerla viva nel cuore della nostra famiglia.

Forse un giorno scriverò un libro su tutti loro, per raccontare di una famiglia semplice, fatta di lavoratori, di gente per bene, un microcosmo sul pianeta Terra, di cui vado intimamente, profondamente fiera.

L’albero di Roberto: memoria e amore per i nostri figli

Allo stesso tempo, sto cercando di ricostruire anche l’albero genealogico di mio marito Roberto. Perché la memoria che desidero lasciare ai nostri figli, Marco e Francesco, ha bisogno di comprendere entrambe le radici, quelle della mia famiglia e quelle della sua.

Roberto non c’è più, se ne è andato da questo mondo ormai due anni fa, ma il suo amore e rispetto per i suoi antenati vivono ancora nei miei ricordi. 

La scomparsa di Roberto ha lasciato in noi un dolore profondo, ma il suo esempio continua a ispirarci ogni giorno. Con la sua profonda e raffinata intelligenza, ha vissuto una vita dedicata al servizio del popolo, portando avanti una missione di amore e rispetto per la comunità che resterà per sempre un modello per noi e per i nostri figli.

Era profondamente legato alla storia della sua famiglia, e mi parlava spesso dei suoi avi con orgoglio e ammirazione, persone dedite al lavoro, uomini e donne che hanno costruito il loro futuro con impegno e sacrificio. Questa qualità, che considero la sua eredità più preziosa, è un dono che desidero trasmettere ai nostri figli.

Costruire il suo albero genealogico non è solo un modo per onorare la sua memoria, ma anche per regalare a Marco e Francesco un quadro più completo delle nostre radici, intrecciando le storie di entrambi i lati della famiglia in un’unica narrazione che parla di resilienza e amore.

Il valore dell’albero genealogico

Insomma, questo non è solo un albero di nomi e date. Ogni ramo porta con sé storie, passioni e sofferenze che ci ricordano quanto siamo connessi a chi è venuto prima di noi.

Costruire un albero genealogico non significa solo guardare al passato, ma capire meglio chi siamo oggi. Ecco perché vi invito a intraprendere questo viaggio: scoprire le radici della propria storia è un regalo che dura per sempre.

Ogni nome, ogni data che aggiungo all’albero non è solo un tassello in più, ma una connessione più profonda con chi sono e con chi verrà dopo di me. Vi invito a scoprire il valore di questa avventura: è un viaggio nel passato che illumina il presente.

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EMMA

Archeologa ed esperta nella valorizzazione e conservazione del patrimonio culturale, mi occupo anche di tecnologie digitali applicate al settore. Come giornalista, mi dedico alla scrittura e alla conduzione di eventi, promuovendo la divulgazione culturale. Inoltre come amministratrice do condominio certificata, offro competenze specifiche nella gestione di consorzi edilizi per la ricostruzione post-sisma.

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